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Chi viaggia sulla
Salaria, in direzione della Sabina e dell'Appennino,
già dall'Agro Romano, sopratutto nelle limpide
giornate di tramontana nota il massiccio montuoso
del Terminillo. Quasi tutti gli studiosi si sono
trovati d'accordo nell'identificare le quattro vette
attuali ( Terminillo, Terminilletto, Terminillucio
e Monte Elefante ) con l'antico monte Tetrico "TETRICAE
HORRENTES RUPES " di Virgilio e dei "
GURGURES ALTI MONTES " di Varrone. Soltanto
all'inizio del Settecento lo scrittore reatino Lorenzo
Mattei, illustrando la citta' di Rieti nel suo "Erario
Reatino" fornisce una indicazione precisa circa
il nome dialettale di Monte Urulu usato dai Reatini
per identificare l'attuale monte Terminillo, secondo
una evidente deformazione del Varroniano "Gurgures".
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Rifugio |
Campo
Forogna |
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Prima del Settecento
le carte topografiche della Sabina indicavano Terminillo
con altissimi picchi dolomitici, segno evidente
della paura, dell'orrore e dell'impressione che
nel passato le montagne suscitavano nella psicologia
dell'uomo. Persino le carte geografiche dello Stato
Pontificio indicavano il monte col toponimo "Monte
Gurgure ". Solo all'inizio dell'Ottocento si
affermò con il nuovo toponimo di Terminillo,
diffuso fin dal 1500 tra le popolazione pedemontane.
Succesivamente nel 1808 nella carta dell'Atlante
Geografico del Regno del le Due Sicilie, di Antonio
Rizzi figurò il nome Terminillo. I problemi
dei confini tra lo Stato della Chiesa ed il Regno
di Napoli, portarono all'affermazione il nome attuale
della montagna . Nei monti reatini, fitti di boschi
proliferava una ricchissima quantità di selvaggina
di ogni genere. Gli uomini pedemontani erano abituati
a cacciare orsi, orsi, camosci e cinghiali, come
documentato da un bassorilievo della casa parrocchiale
di Sigillo. La vita della montagna, fino all'annessione
al Regno d'Italia era costituita da lupari, boscaioli,
pastori e contadini, i quali avevano una grande
familiarità con i valichi più elevati
e conoscevano meglio i sentieri. Verso la fine dell'Ottocento
cominciò a delinearsi il destino della montagna
e per merito del Club Alpino Italiano fu costruito
nell'estate del 1908 il rifugio "Umberto I°
", (nella foto) ora "Massimo Rinaldi"
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