Aimone Filiberto 
                                    Milli.  
                                  MARCUCCI, DITEMI VOI... 
                                   
                                         E'impensabile 
                                    porre mano alle vicende reatine degli ultimi 
                                    ottant'anni senza imbattersi nella personalità 
                                    di Mario Marcucci, prima Sindaco e poi Podestà. 
                                    Campeggia come indiscusso protagonista del 
                                    proprio tempo e costituisce il punto di riferimento 
                                    a cui rinviano eventi e documenti di epoche 
                                    successive: fu tale, infatti, la mole di opere 
                                    pubbliche che riuscì a realizzare e 
                                    fu così significativo lo sviluppo che 
                                    impresse al “natio borgo selvaggio” 
                                    che è impossibile prescindere da Lui 
                                    per spiegare l'assetto civile della Rieti 
                                    di oggi. Affascina la Sua tempra di amministratore 
                                    colto, lungimirante, onesto, capace di concepire 
                                    e portare a compimento ambiziosi progetti, 
                                    nemico della massoneria e d'ogni forma di 
                                    settarismo, determinato con le personalità 
                                    più eminenti, duro con gli arroganti, 
                                    comprensivo con i deboli, sensibile ai bisogni 
                                    delle fasce meno fortunate della popolazione. 
                                    Un atteggiamento ispirato ad una sorta di 
                                    “aristocrazia dello spirito” che 
                                    Lo rese inviso agli opportunisti e ai cortigiani, 
                                    tristemente numerosi in ogni epoca e sotto 
                                    ogni regime, e Lo mise in urto con alcune 
                                    delle Autorità politiche dell'epoca. 
                                    La solitudine con la quale dovette accompagnarsi 
                                    per buona parte dell'azione di governo fu 
                                    attenuta solo dallo spendido sodalizio morale 
                                    e ideale col Principe Lodovico Potenzianiù: 
                                    un connubio che si rivelò particolarmente 
                                    utile per lo sviluppo della Città. 
                                    Lavorò intensamente per l'elevazione 
                                    di Rieti al rango di capoluogo di Provincia 
                                    e volle poi dotarla dei servizi che il nuovo 
                                    “status” richiedeva. Rappresentò 
                                    per lungo tempo il territorio alla Camera 
                                    dei Deputati dove, in virtù delle Sue 
                                    riconosciute doti di onestà e di chiarezza, 
                                    riuscì ad allacciare rapporti personali 
                                    preziosi per la comunità locale. Per 
                                    servire al meglio la Città rinunciò 
                                    persino alla professione forense già 
                                    brillantemente avviata nel solco dell'affermato 
                                    studio paterno. Dopo i turbinosi eventi del 
                                    1943 si allontanò, sdegnato, dal proscenio 
                                    e nel dopoguerra fu sottoposto ai procedimenti 
                                    di epurazione dai quali fu congedato tra le 
                                    attestazioni di stima degli inquisitori: usciva, 
                                    infatti, immacolato e a testa alta da vent'anni 
                                    di ininterrotto esercizio dell'attività 
                                    pubblica!!! Sulla Sua figura la classe politica 
                                    postbellica ha mantenuto un lungo, imbarazzato 
                                    ma rispettoso silenzio. Quest'opera, voluta 
                                    dal Comune e sostenuta dalla Fondazione Capelletti, 
                                    ci restituisce, per la penna anticonformista 
                                    e graffiante di Aimone Foliberto Milli, la 
                                    vicenda umana di Marcucci, inquadrato nel 
                                    contesto de Suo tempo, dei problemi, talora 
                                    drammatici, che Lo assillarono, della solitudine 
                                    che Lo accompagnò, della viltà 
                                    che Lo insidiarono. La Città compie 
                                    oggi un doveroso atto di riparazione. 
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